La mia vicenda personale con Ravenna WebTV sta evolvendo in questi giorni e una piccola diatriba che chiunque avrebbe saputo risolvere in pochi minuti è riuscita a diventare una discussione interessante sono diversi punti di vista.
Se da un punto di vista personale vorrei limitare il giudizio perché mi sento parte in causa, da un punto di vista professionale colgo l’occasione per riflettere su quanto accade e cercare di estrarne spunti utili per il mio lavoro.m
Sono tre i punti interessanti di questa vicenda escludendo il merito strettamente personale che mio malgrado mi coinvolge. Sono tre elementi cardine della presenza sui social media da parte delle aziende: la presenza di forma, la presenza di sostanza, il ruolo della comunità.
La presenza di forma
La presenza formale è il modo in cui l’azienda decide di partecipare all’ambiente sociale. E’ definita dalle piattaforme in cui si decide di essere (Facebook, blog, twitter, ecc), come si decide di essere (persone reali, redazioni, personaggi di fantasia, ecc), quando si decide di essere presenti (24 ore al giorno, solo in orari d’ufficio, esclusivamente quando si hanno messaggi, ecc).
Ognuna di queste scelte ha delle conseguenze ben chiare. Per esempio Facebook ha dei termini di servizio da rispettare, Twitter ha i messaggi limitati a 140 caratteri, i blog non partono con una rete sociale precostituita su cui reclutare contatti e richiedono lunghi tempi di messa in opera. Queste regole d’ambiente non sono una opinione, sono un fatto. Vengono normalmente definite attraverso rigidi contratti di servizio con i titolari della piattaforma scelta e spesso richiedono competenze molto più sviluppate del saper essere in grado di aprire un profilo, caricare un logo, scrivere un testo.
Violare le regole della piattaforma scelta non ha la sola conseguenza di rischiare di gettare al vento l’investimento di lavoro necessario alla costruzione di contatti o il semplice oscuramento del profilo, normalmente chi guarda un progetto nascere e crescere osserva anche i dettagli che lo compongono. Quando un inserzionista decide di acquistare pubblicità su un progetto normalmente (purtroppo non sempre) osserva anche il modo in cui questo progetto opera dal punto di vista formale perché se lo spazio che ha acquistato è traballante perché formalmente carente allora rischia di aver sprecato soldi o addirittura di subire un danno.
La presenza di sostanza
Molto spesso si intende la comunicazione come l’ultima parte di un progetto e le si dedica scarsa attenzione pensando che se il progetto è ben fatto allora la comunicazione sarà per forza vincente. Niente di più superficiale e stupido.
Come ho già ribadito tante volte la comunicazione è parte organica del progetto che si sta realizzando e ha l’ingrato compito di essere la parte più esterna della costruzione. Se la casa che ho costruito è solida ma da fuori sembra un rudere che cade a pezzi, nessuno la compra. Se poi vogliamo aggiungere che storicamente sul web si sono imbiancate le pareti di catapecchie fatiscenti, realizzando siti in Flash con animazioni mirabolanti ma che dietro non avevano altro che miseri muri di cartongesso marcio, immaginiamo con quale spirito l’utente ha voglia di fidarsi a prescindere di quello che gli si mette davanti.
La presenza sostanziale è appunto la capacità di un’azienda di essere responsabile, comprensiva e comprensibile dietro la facciata realizzata sul sito web (o sul social network). Se le persone che sono dentro l’azienda non sono in grado di trattare un utente insoddisfatto non c’è alcuna differenza se questa incapacità è espressa per telefono, via Facebook o sul sito. Inoltre le piattaforme pubbliche come i siti web e i social network amplificano moltissimo le inadeguatezze nei rapporti con l’utenza. Prova ne sono i recenti fatti rianalizzati da Digital Reputation e da Mirko Bonadei.
Il ruolo della comunità
Ultimo punto di questo ragionamento è il ruolo svolto da coloro che per un motivo o per l’altro stringono un legame forte con il brand, l’azienda, il progetto che mette radici online.
Sempre più spesso accade che gli utenti stessi spendano la loro faccia a difesa dell’azienda proprio perché strettamente legati al brand. Un esemprio ne fu il caso di Domino’s Pizza, recentemente pubblicato su Nova, dove i clienti stessi della catena americana avevano preso le difese del brand in crisi di reputazione. Anche nel caso di Ravenna WebTV, seppur con modi e toni molto diversi, una serie di persone si sta mettendo in gioco per supportare un progetto in cui ripongono la loro fiducia.
Nonostante alcuni di loro reagiscano in modo sguaiato e goffo, è lodevole il contributo che stanno offrendo alla redazione di Ravenna WebTV, colmando l’assordante silenzio di una redazione sostanzialmente assente alla conversazione nata su Facebook e che si è limitata ad una misera risposta ad un mio post, senza mai essersi presa la responsabilità di ammettere i propri errori in modo maturo e personale.
Alcuni di questi fan si sono persino spinti oltre, chiedendomi spiegazioni attraverso email e messaggi privati, cercando di giungere a quella conversazione ragionevole che non sta avvenendo direttamente con il brand.
Questi supporter, per quanto non mi trovino d’accordo con i loro argomenti, stanno colmando il vuoto sociale di una redazione assente, rispondendo pubblicamente attraverso un impegno assai lodevole, che io per primo voglio riconoscere.
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