di Ardea purpurea
Il rapimento del giornalista di “Repubblica” Daniele Mastrogiacomo, avvenuto in Afghanistan circa 15 giorni fa, e la sua successiva liberazione nelle scorse ore, riaprono, o riaccendono, la questione politico-diplomatica che sta a monte dei rapimenti stessi e poi delle liberazioni.
Ciò su cui si vuole invitare a riflettere è il prezzo che i paesi coinvolti nei conflitti mediorientali (nella fattispecie l’Italia) devono pagare per le liberazioni, e le successive ripercussioni sui rapporti diplomatici fra i paesi stessi. Il timore è che questo genere di atti, se viene innescata una spirale di “domanda-risposta” possa essere utilizzato come strumento di facile ricatto e di pianificazione: il rilascio di un ostaggio, che non può essere lasciato solo dal governo del paese di provenienza, contro il rilascio di prigionieri politici o di simili concessioni.
Partendo dall’umile presupposto che non si saprà mai come si sono svolti i fatti nella realtà, l’unica arma che si può utilizzare per prendere coscienza dei vari casi è informarsi, nei limiti imposti, e mettere sulla bilancia tutte le informazioni acquisite.
Indubbiamente dietro alla liberazione di un ostaggio, in questioni internazionali, ci sarà il lavoro di entrambi i governi con i rispettivi ministri degli esteri, ma si è dato molto spazio anche ad organizzazioni non governative, in questo caso Emergency, così come fu la Croce Rossa nel rapimento di Simona Pari e Simona Torretta. Qual è il ruolo di queste organizzazioni?
Per la liberazione di Mastrogiacomo sembra che siano stati concessi 5 prigionieri, che per quanto si sa potrebbero avere ruoli determinanti in future azioni proprio contro i governi europei o contro ciò che si è tentato di migliorare in questi anni.
Esulando dalla primaria questione di se e quanto sia lecito per un paese occidentale entrare nelle questioni Iran, Iraq, Afghanistan, (il punto di vista è ampio e di grande scala temporale, si arriva inesorabilmente al paragone con gli alleati anglo-americani del secondo conflitto mondiale) partendo già dal fatto che contingenti militari europei siano in questi paesi, fino a quale punto si può o si deve trattare con questi governi?
Perché alcune storie sono finite in in maniera peggiore? Due anni fa il sequestro di Enzo Baldoni, anch’egli giornalista, non ha avuto soluzione positiva. Perchè in quel frangente con l’Iraq non è stato possibile raggiungere un accordo?
Sono il tempo, il modo o le persone coinvolte che formano un avvenimento? Evidentemente, banalmente, sì. Il quotidiano “Repubblica” non usava certo per Mastrogiacomo la linea dura che ostentava per affrontare il rapimento Moro. Il Movimento per l’Emancipazione del Delta del Niger ha differenti finalità di sequestro dei tecnici italiani e le trattative sono di ben diverso stampo.
E’ forse banale pensare che queste situazioni vengano trattate in modo diverso per un diverso tornaconto economico/politico?
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