Ieri era il primo giorno di dicembre e difficilmente dimenticherò quello che mi è successo
Stavo parcheggiando sotto casa di un amico, quando ho sentito lo stridio di gomme tipico di una brusca frenata e un violento impatto sul mio paraurti posteriore. Cosa che capitano anche in un freddo primo dicembre.
L’auto dietro di me dopo qualche attimo di incertezza è salita sul marciapiede destro, dato che la via era stretta, e mi ha superato tentando la fuga.
Io l’ho inseguito per un centinaio di metri quando, dopo una curva, il conducente si è ravveduto e si è fermato, scendendo dall’autovettura. Mi sono fermato a mia volta per cercare di sistemare una faccenda poco simpatica attraverso moduli e constatazioni amichevoli.
Il tizio alla guida di amichevole non aveva proprio niente e dopo qualche minuto di farfugliamenti in un linguaggio incomprensibile mi ha gettato addosso tutti i documenti della vettura che stava guidando e ha continuato a proferire frasi disconnesse e prive di senso.
Mentre cercavo di capire quello che stava succedendo, lui si è avvicinato nuovamente alla vettura e io, per impedire che fuggisse di nuovo, mi sono posto tra lui e la portiera aperta della sua auto. Lui mi ha spinto via e per istinto mi sono aggrappato alla sua giacca all’altezza del bavero. Solo che lui era già riuscito a salire in macchina e a metterla in moto. Senza nessuna esitazione è ripartito con me attaccato fuori dalla portiera aperta. Dopo qualche metro la sua giacca si è strappata e io sono finito sull’asfalto. Ammaccato, ma vivo, tutto sommato.
Ho passato la notte in pronto soccorso, radiografato dalla testa ai piedi, ho un’ecografia urgente all’addome da fare in giornata e quindici giorni di prognosi.
Durante la denuncia agli agenti della polizia, in ospedale, ho scoperto che l’auto è risultata rubata, che il tizio si è schiantato due incroci dopo e che poi, illeso, è scappato a piedi nella notte, dileguandosi.
Se questa mattina non avessi qualche livido, farei fatica a credere a quello che è successo.
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