Per impacchettare i regali esistono solo due modi. O lo fai tu o lo fai fare a qualcun altro.
La signora al centro commerciale
Hai appena finito di fare la fila per comprare l’ultimo esemplare di “stronzata galattica” e dato che non sei nemmeno capace di richiudere lo stracchino quando ne mangi solo metà, decidi di fartela impacchettare dall’amabile signora al banchetto dell’ANRCNSFIP (Associazione Nazionale Rincoglioniti Che Non Sanno Fare I Pacchetti).
Tale amabile signora, al momento del confezionamento assume una bonaria espressione mentre ti guarda dondolando la testa come volesse dirti: “che razza di sfigato che sei, neanche un pacchetto sai fare”.
Poi tu gli lasci un euro di offerta e ti guarda negli occhi, poi guarda la sua collega, poi ti riguarda negli occhi e si porta i polsi alle spalle facendo ciondolare le mani, con il gesto tipico che sta ad indicare: “c’hai proprio le braccine corte…”
Una madre con bambino al seguito si sente tirare la giacchetta dal piccolo che le chiede: “mamma che cosa significa quel gesto li?”. La madre risponde: “Niente Filippo, quel signore li (e ti indica), ha le vipere in tasca”.
Tu te ne vai sotto lo sguardo sdegnato di tutti i presenti.
Autopacchetti
Allora decidi che l’affettabanane elettrico per la zia Clotilde lo impacchetterai da solo. E vai al negozio specializzato in attrezzatura da pacchetto. Ogni capoluogo di provincia ne ha uno. A Ravenna è in via Mentana (se non siete di Ravenna non vi interessa). Allora voi fate la vostra fila natalizia per poi finalmente catalizzare l’attenzione della titolare del negozio. Guai a considerarla la commessa. Per forza è la titolare.
Tipicamente è una signora sulla quarantina che un bel giorno ha deciso di aprire un negozio di attrezzatura da pacchetto regalo. Ha millecinquecento tipi diversi di carte e nastri, duemila tipi di biglietto auguri (ha anche quello “complimenti per la pedicure”) e ha tutte le tonalità RGB di cartacrespa. La leggenda vuole che un tempo avesse un lavoro come tutti gli altri, tipo la segretaria ma che le sia apparso in sogno S.Fabriano e l’abbia convinta a dedicare la sua vita alla fornitura di attrezzatura da impacchettamento. Per ferragosto mangia le minuzzole di pane lasciate dai piccioni sul davanzale della finestra, ma sotto natale, fa soldi a palate.
Questa signora non ti vende quello che chiedi tu, sfigato autoimpacchettatore. Decide lei quale tipo di carta ci vuole per il tuo regalo. Figuriamoci se tu, che neanche ti sai legare le scarpe, sai scegliere il colore giusto, la grammatura giusta, il nastro giusto. Tu le dici che oggetto hai, poi fai una descrizione sommaria del destinatario (nome, cognome, età, sesso, codice fiscale, numero di scarpe, segno zodiacale, ascendente, se porta la dentiera, ecc) e lei decide esattamente come rivestire il tuo presente.
A questo punto, deciso il materiale per l’opera monumentale, inizia la sceneggiata. Eh ma questa carta di riso viene tinta a mano… Eh ma questo nastro viene intrecciato da una tribù di non vedenti del borneo… Eh ma questo biglietto viene fatto raccogliendo le fibre di un’erba che cresce solo sulle pendici del monte Curuccucù, poi le vibrisse di un felino estinto da 200 anni, si fa macerare tutto dentro un uovo di dodo e dopo 18 mesi si ottiene questa carta sulla quale è possibile scrivere la dedica solo con una piuma di upupa reale dorata.
Tu stai tremando perchè a questo punto sai che dovrai firmare diciotto chili di cambiali che ti perseguiternno fino al duemilacinquanta. Vai alla cassa con le mani tremule e afferri il portafoglio sudaticcio. Si esatto anche il portafoglio suda freddo. La Titolare del negozio di impacchettamento batte tutto sul regitratore di cassa e ti comunica il terribile importo.
“Sono due euro e quarantacinque centesimi, serve una busta di plastica”?
Tu riprendi fiato e le chiedi “Per caso ha un biglietto d’auguri con scritto vaffanculo”?
e Lei: “no, ogni tanto ce li mandano, ma li finiamo subito”.
e Tu: “chissà perchè….”
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